180 chilometri e 500 capi di bestiame; due regioni, Gargano e Molise i territori protagonisti della Transumanza: patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Si parte dal Gargano per arrivare al Biferno, due volte l’anno, primavera ed autunno attraversando montagne, fiumi e paesi dormendo sotto le stelle e scaldandosi con fuoco e vino.
Tutto nasce da una donna, la prima e forse l’unica a fare questo mestiere. Lei è Carmelina Colantuono, Molisana, ed è grazie a lei che l’antica pratica della transumanza non è solo sopravvissuta, diventando ormai un rito collettivo che coinvolge migliaia di persone, ma che ha anche ottenuto, nel 2019, il riconoscimento da parte dell’Unesco di Patrimonio immateriale dell’Umanità. Una tradizione antichissima, trasmessa oralmente, che rappresenta un popolo, la sua cultura, il suo rapporto con il territorio.
“Organizzare la transumanza è molto complicato” ci dice Carmelina “Mio padre, quando arrivava il momento, doveva semplicemente avvisare l’Asl e poi partiva. Adesso è tutto diverso. Bisogna avvisare tutti gli enti coinvolti dal passaggio, richiedere autorizzazioni, accordarsi con le forze dell’ordine per la “scorta”, rispettare orari precisi. Purtroppo, infatti, i tratturi non sono tutti integri, spesso sono interrotti da strade, centri abitati, o altre costruzioni. Capita quindi che in molti tratti si debba viaggiare sull’asfalto, occupando una strada intera e bloccando il traffico. I problemi, da questo punto di vista, sono però tutti burocratici, perché i disagi che provochiamo sono ben accetti da tutti. Lo spettacolo di cinquecento mucche di razza podolica, con le loro corna imponenti, che invadono il paesaggio è davvero unico. Nei paesi, al nostro passaggio, ci guardano sfilare per le loro vie sorridendo, spesso ci offrono da mangiare o magari un po’ di legna per il fuoco quando ci accampiamo. Per le persone è una festa”
Quella che era una semplice pratica agropastorale è diventata qualcosa di più, una sorta di rumoroso e imprevedibile corteo in cui la rivendicazione implicita è quella di un’attenzione maggiore al territorio, alla cultura che arriva dalla terra.
Alla nostra carovana si aggiungono tantissime persone, che ci seguono a piedi, in bicicletta, a cavallo. Arrivano da tutte le parti. Abbiamo avuto compagni di viaggio che arrivavano dal Canada, dalla Germania». Un movimento che però non si vuole fermare: la prossima sfida che Carmelina si è messa in testa è quella di riuscire a salvare, magari ancora con il supporto dell’Unesco, i tratturi, le antiche “autostrade verdi” (nei tratti ancora conservati del Molise sono larghi 111 metri) che solcano il sud e il centro Italia, in zone spesso incontaminate, nelle quali la presenza dell’uomo è molto rara.
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